BY#22 – La voglia di tornare a vivere
Il 14 agosto del 2018, a Genova, crollò il Ponte Morandi. Un evento che sconvolse la vita di molti, compresa quella di Davide Leoncini, un vigile del fuoco di Savona, già scosso da un’altra grave perdita. Ma quando tutto sembrava fuori controllo, lo sport gli ha ridato la forza per risalire la china.
Davide ha 33 anni ed è di Savona. La sua vita è sempre stata guidata dalla voglia di mettersi in gioco, di crederci. Lo sport ha sempre fatto parte della sua vita, così come il mare. Ha deciso quando era ancora un ragazzino che, da grande, avrebbe voluto fare il vigile del fuoco, per seguire le orme di suo padre.
Nel 2013 riesce a realizzare il suo sogno.
Nello stesso anno conosce Giulia che, poco dopo, si trasferisce per lui da Desio a Savona. Tutto sembra andare per il meglio, tutto sembra essere sotto controllo. Fino a quando la vita non decide di fare lo sgambetto.
“Il 6 maggio del 2018 io e Giulia siamo andati a trovare i suoi genitori. Abbiamo passato il weekend insieme; io, in particolare, ho trascorso molto tempo con suo padre Giuseppe, un uomo a cui ero molto legato, che mi ha sempre appoggiato in ogni scelta. Abbiamo giocato a carte al mattino e dopo pranzo è accaduto l’imprevedibile: un infarto. Ho creduto fino all’ultimo che si sarebbe potuto salvare, il mio lavoro mi ha insegnato a crederci sempre, ma purtroppo non è stato così. Non ho potuto fare nulla per salvargli la vita”.
Per Davide tutto cambia.
“Sono entrato in un tunnel buio, vivevo con la paura e il panico costante. Non riuscivo più a fare nulla di quello che avevo sempre fatto. Non potevo uscire con il gommone, non potevo andare a correre fuori strada, a camminare nel bosco. Avevo la sensazione che potesse succedermi qualcosa da un momento all’altro. L’attacco di panico è terribile, non lo auguro nemmeno al mio peggior nemico, è incontrollabile”.
Genova, 14 agosto 2018
Davide sta ancora facendo i conti con quelli che – senza timore – chiama con il loro nome, attacchi di panico, quando viene chiamato dal Centro Operativo Nazionale. È il 14 agosto 2018. Il giorno del crollo del Ponte Morandi.
“Ero in spiaggia con Giulia quando abbiamo visto passare l’autogru del mio comando. Una cosa non così frequente. Nel giro di pochi minuti è arrivata la chiamata. Essendo responsabile del Centro Documentazione Video del Comando provinciale dei vigili del fuoco di Savona, sono subito partito per Genova, per documentare quanto successo”.
Lo spettacolo che gli si presenta davanti, a meno di due ore dal crollo, è sconcertante.
“Mi hanno colpito gli sguardi smarriti e increduli dei miei colleghi: vigili del fuoco con trent’anni di esperienza alle spalle, che non avevano mai visto nulla di simile. Mentre filmavo non avvertivo il panico: l’adrenalina, la concentrazione per fare il mio lavoro erano più forti. Ma una volta rientrato, la mia situazione emotiva, già precaria, è peggiorata. Per mesi, di notte, sognavo di essere ancora lì a scavare”.
Cadere sette volte, rialzarsi otto
Pochi mesi dopo, a ottobre 2018, Davide capisce che deve fare qualcosa per riprendere in mano la sua vita. Si affida ad uno psicologo ma sente che la svolta può arrivare solo da se stesso. “È la testa che governa tutto”. Così si iscrive ad un’associazione sportiva, la Savona Triathlon, e inizia a gareggiare.
“Ho sempre corso e andavo in bici già da ragazzino; ho aggiunto il nuoto, in cui comunque me l’ero sempre cavata. Mi sono fatto seguire da un allenatore, Antonello Carboni e piano piano, dagli sprint ho allungato le distanze”.
“Lo sport mi ha ricordato cosa vuol dire crederci e avere voglia di migliorare, di mettermi in gioco; mi ha ricordato cosa vuol dire porsi degli obiettivi, lavorare per raggiungerli e poi porsene di nuovi. Mi ha ridato la consapevolezza che mi mancava: quella dei miei limiti ma anche delle mie possibilità. Mi ha permesso di lavorare su me stesso. Ho smesso di pensare a cosa non potevo più fare e mi sono concentrato su quello che era alla mia portata. Soprattutto, lo sport mi ha dato la fatica. Nella fatica ho ricominciato a stare bene. Ogni gara, ogni secondo di quello sforzo mi fa migliorare”.
Beat Yesterday non sarà mai l’impresa di cui tutti parlano, non è la vittoria che resterà per sempre nella storia dello sport. Beat Yesterday è la realizzazione di persone comuni che si mettono in gioco sacrificando tempo ed energie per riuscire in qualcosa che la maggior parte delle persone definiscono impossibile. Beat Yesterday non è essere più bravi o più forti di altri, ma avere la volontà di non fermarsi a ciò che si è, per scoprire chi si vuole essere veramente. Questo è Beat Yesterday, questo è essere speciali.
Anche tu hai già superato il tuo personale Beat Yesterday? Vogliamo darti voce, perché tu possa essere di ispirazione e motivazione per tutti gli altri. Raccontaci la tua storia.
Voltare pagina, ricominciare a vivere
“Non ho mai più avuto un attacco di panico. Ho imparato a capire i miei limiti e a gestirli, con la consapevolezza di ciò che sono e di ciò che ho in quel momento. Mentre mio suocero Giuseppe era ricoverato in ospedale gli ho promesso che avrei sposato Giulia. Lui probabilmente non ha potuto sentirmi, ma Giulia l’ho sposata davvero, nel 2019. E a luglio nascerà Aurora. Abbiamo anche un cane, Bianca, che è ovviamente un cane da salvataggio”.
Da quando si è avvicinato al triathlon Davide ha fatto diverse gare e a maggio lo attende il suo primo mezzo Iron Man. Con un compagno speciale a fianco: suo suocero Giuseppe che, ancora una volta, farà il tifo per lui.