La mia prima maratona: superare gli altri è avere la forza, superare se stessi è essere forti
Bravo Confucio, mi hai tolto le parole di bocca… non c’è aforisma migliore per iniziare questo brevissimo racconto sulla mia prima maratona. No, no, fermi! So cosa vi state aspettando: i soliti discorsi filosofici legati allo sport e la classica (trita e ritrita) metafora tra la vita e la maratona. Niente di tutto questo, non ne sono capace e, soprattutto, oggi, ho poca voglia di pensieri profondi: oggi (lunedi, ndr) sono solo stanco ma orgoglioso di me. Punto.
Il racconto della mia prima maratona
Vi parlerò solo di questa magica domenica nella splendida Firenze in un tiepido, ultimo, weekend di novembre. Magica, perché all’arrivo solo la magia può trasformare l’asettico e freddo cicalio elettronico del controllo cronometrico in un una voce rassicurante che dice: “Cristian fermati, perché ora l’hai finita veramente”. Allucinazioni? Forse.
Ma non c’e’ niente di meglio che parlare della gioia all’arrivo per comprendere la fatica che ho impiegato per poterlo raggiungere e completare così la mia prima maratona. Mancano una manciata di secondi alle 4 ore sul mio fedele Forerunner 654 Music quando mi volto, esausto, e vedo il traguardo lì, dietro di me, superato da un paio di metri.
Mi appoggio sulle ginocchia e guardo una bambina che applaude e mi fissa da dietro una transenna del pubblico, penso che il mio sguardo in quel momento sia il più bugiardo che abbia mai avuto perché sotto la mia smorfia di dolore sto esplodendo di gioia. Ce l’ho fatta!
Obiettivo raggiunto, anche alla prima maratona
A questo punto la retorica imporrebbe che dicessi “non importa quanto ci hai messo… l’importante è aver partecipato e aver concluso la mia prima maratona”, ma mi perdonerà il buon de Coubertin se questa volta mi lascerò’ andare ad una rara, per quanto mi riguarda, affermazione auto celebrativa: io volevo arrivare in 4 ore, e sono arrivato in meno di 4 ore! Che diamine, diciamolo! Pochi secondi, sì, ma sempre sotto l’obbiettivo che mi ero posto! Non ho fatto il record nella maratona, ma posso chiedere di più?
Solo a distanza di ore ho cominciato a metabolizzare tutte le emozioni provate durante la giornata. La sveglia con altri maratoneti nel bed&breakfast, gli ultimi consigli per correre la maratona al meglio, le facce serene e le facce tese. E poi la gente, tanta gente, ad applaudirci. Atleti e non – come il sottoscritto – di tutte le nazioni, gente allenata e gente lì per il gusto di esserci, di provarci: tutto fantastico e indescrivibile.
La sofferenza e la gestione della crisi durante la maratona
Ho sofferto si, ho capito che bisogna portare rispetto alla maratona (e soprattutto alla prima maratona). Da neofita dei 42 Km, sino al 30mo Km ho cercato di godermi lo spettacolo di tutto quello che mi stava succedendo intorno… da lì in poi, ho dovuto necessariamente sedermi (in senso metaforico, si intende) e aspettare, aspettare lo spauracchio che in tanti, in questi mesi, mi avevano anticipato: la crisi del 35mo km.
E il problema di chi si cimenta per la prima volta nei 42 km è proprio questo; la crisi arriverà, questo e’ certo, si ma quando? E Come? Ecco, diciamo che ero anche un po curioso di vedere come sarebbe stata questa dannata crisi.
Attendo, pazientemente, sino al 36 km, quando mi accorgo di qualcosa di strano: il gruppo di persone con il quale sto viaggiando allo stesso ritmo da qualche minuto si è spostato in massa di un metro più avanti a me. Abbasso lo sguardo, lo rialzo e sono tutti ad almeno 3 metri davanti a me: “Oddio! – penso – Eppure ho lo stesso passo di prima”.
Il mio cardiofrequenzimetro, mi sta dicendo che ora sono sopra i 6 minuti al Km. E capisco, eccola la crisi. Le gambe si appesantiscono e la percezione della distanza si distorce e si dilata come mai avevo immaginato. E da qui in poi inizia una nuova gara, che non vi racconto, perché non ci sarebbero parole per descriverla. Se siete curiosi, iscrivetevi alla vostra prima maratona!
La prima maratona è alla portata di tutti
Non è un’impresa epica, del resto siamo in migliaia di persone, di tutte le età, che ogni domenica si infilano un paio di scarpe da corsa e corrono. Con un po’ di allenamento e tanta buona volontà si può fare.
Io ho avuto anche l’appoggio di amici e colleghi che mi hanno sempre sostenuto in questa avventura durata 14 settimane e la fortuna, grazie al mio lavoro, di aver incontrato tanti esperti di gare podistiche (dal semplice tapascione al medico sportivo): da tutti ho ricevuto piccoli consigli di cui ho fatto tesoro. Grazie a tutti!
Ne farò un’altra? Certamente. Magari in Italia oppure all’estero, per correre una delle maratone più belle del mondo. Ma oggi, a 24 ore di distanza, le mie gambe rispondono ancora: amico, non ci pensare proprio!