Marco De Gasperi regala un nuovo record allo sky running mondiale
La cronaca di una scalata, il racconto di un’impresa, l’emozione di un sogno coltivato per anni che, finalmente, si è realizzato. Il 28 giugno 2018 Marco De Gasperi ha stabilito il nuovo record del mondo di ascesa e discesa al Monte Rosa, proprio lì, dove appena ragazzino aveva partecipato alla sua prima gara di sky running.
Ci siamo fatti raccontare com’è andata.
Marco, il sogno chiamato Monte Rosa, si è realizzato. Da quanto tempo lo coltivavi?
Da tanto tempo, praticamente da 25 anni,.
A 16 anni mi hanno permesso di partecipare alla Alagna-Monte Rosa-Alagna, anche se ero solo un ragazzino. La mia prima gara di sky running. Da allora, dopo aver segnato il record sul Monte Bianco e sull’Ortles, sognavo di tornare proprio sul Monte Rosa, per sfidare il record di ascesa e discesa di Fabio Meraldi, un grandissimo dello sky running degli anni ’90. Dal 2015 aspettavo l’occasione giusta, anche se tra infortuni e condizioni meteo, ogni volta ho dovuto rimandare. Quest’anno, invece, è stato quello giusto.
Il sabato prima del record hai fatto una prova generale, in occasione proprio della Alagna-Monte Rosa-Alagna, che è ripresa dopo anni di pausa.
Sì, non ho fatto la gara, che era a coppie. Ho preferito partire mezz’ora prima degli altri, senza pensare al tempo che avrei impiegato. Mi è servito come giro di ricognizione, più che altro per valutare le condizioni della neve.
Il giorno del record, però, ti si è presentata una situazione diversa, più che altro dal punto di vista meteo.
Già. Le previsioni davano un clima freddo ma sereno. Invece al mattino, Franco Collè che era in quota, mi ha segnalato nebbie a 3500 mt, mentre sopra era bello e con temperature più basse. Questo voleva dire che sotto i 3500 mt avrei trovato una neve molto meno dura rispetto al sabato precedente. Solo che quando nella neve si sprofonda, l’incedere diventa più problematico.
Però hai deciso di partire comunque.
Sì. Tutto era pronto e non volevo rimandare per l’ennesima volta. Ero un po’ teso, ma è normale: i metri di dislivello sono tanti e so bene che in caso di nebbia tutto si complica, perché si riduce la visibilità e c’è il rischio di non capire più dove stati andando, di non riuscire a individuare il sentiero migliore. Mi ero fatto la mia strategia, che prevedeva di non partire forte, anche se non sono riuscito a rispettarla troppo.
E com’è andata?
Sono arrivato a toccare la prima neve a 2400 mt e mi sono accorto che, in effetti, la salita sarebbe stata più complicata rispetto a sabato: soprattutto nei tratti più ripidi le condizioni della neve rendevano tutto molto difficoltoso. Nelle prime due ore però ero ancora abbastanza fresco e sono andato bene. Dopo i 3500 mt il problema è stato il freddo, che io soffro in modo particolare. Ero equipaggiato, perché avevo lasciato in quota il materiale per coprirmi, ma non è bastato. Con le mani congelate non riuscivo a spingere come avrei voluto con i bastoncini. Non mi sentivo a mio agio e fino a 4200 mt fatto molta fatica. Poi, per fortuna, il vento è calato e sono riuscito a riprendere un buon ritmo. Gli ultimi metri per arrivare alla Capanna Margherita sono stati durissimi. Quando però sono arrivato in cima ho guardato il Garmin e ho visto che, nonostante le difficoltà, ero in vantaggio di 5 minuti rispetto al tempo che mi ero prefissato.
Un buon segno…
Sì, avevo un po’ di margine ma non tanto, perché se in salita ero quasi certo che sarei riuscito a limare qualcosa rispetto al tempo di Meraldi, sapevo che in discesa sarei dovuto andare molto forte per eguagliarlo. Mi sono lanciato in rincorsa, cercando di non perdere mai la determinazione che in quel momento era la risorsa più importante. Il freddo e la quota mi avevano tolto molte energie, anche Collè mi ha visto molto sofferente. Mano a mano che scendevo, però, le energie iniziavano a tornare e forse è stato in quel momento che ho costruito il mio record. Le persone sul percorso sono state di grande aiuto, mi hanno incitato quando stavo quasi pensando di mollare. Così mi sono concentrato sull’obiettivo: non potevo non provarci, altrimenti tutti questi mesi di preparazione e sacrifici sarebbero stati inutili. Mi aspettavano 2000 mt di dislivello in 39 minuti, con neve e pietre e senza sentieri tracciati. Ho capito che serviva più il cuore che le gambe. E d’altra parte questo è il mio pane: a differenza del Bianco, che è molto più tecnico, sul Monte Rosa è una corsa contro te stesso e la sfida è dosare le energie.
Avere al polso il fenix5 Plus, che ha la nuova funzione Climb Pro, molto utile per chi fa sky running, mi ha aiutato. Mi interessavano i dati della quota e al velocità verticale. Soprattutto questo ultimo valore mi ha dato una grossa spinta, specie nei tratti nevosi in cui riuscivo a scivolare. Ho visto che stavo scendendo di quota a gran velocità: al di là del valore del picco massimo, la media era molto buona rispetto agli allenamenti e questo mi ha dato molto morale. E poi sapevo che più tempo fossi rimasto ad alta quota, meno probabilità avrei avuto di riuscire a fare il record.
A 20 minuti dall’arrivo ho capito che potevo farcela. La mia caparbietà mi aveva aiutato ancora una volta. Sono anche caduto, un gran volo che però mi ha fatto guadagnare qualche metro e quindi va bene!
Qual è stata la prima cosa a cui hai pensato quando sei arrivato e hai fermato il tuo fenix 5 Plus sul tempo del nuovo record, 4h20’33”?
Ho pensato: “Adesso basta”. Sono contentissimo di aver fatto questo record ma è una fatica che non vorrei più ripetere. Resta l’enorme soddisfazione di aver fatto qualcosa di particolare per me stesso, che mi rende orgoglioso. Ho chiuso un cerchio, 26 anni dopo la mia prima gara di sky running. Anche il Monte Bianco era stato un sogno realizzato, ma sul Monte Rosa era un ritorno e lo aspettavo davvero da troppo tempo.
Almeno questo capitolo della mia carriera di sky running è concluso. Poi, certo, non sarà difficile trovare un nuovo obiettivo.